Ernia del disco (o ernia discale)

Cos'è l'ernia del disco?

L’ernia del disco è il risultato di una dislocazione seguita da fuoriuscita di materiale normalmente contenuto nel disco intervertebrale (il nucleo polposo ), che facendosi spazio tra le fibre lesionate dell’anulus viene  a contatto con le strutture nervose contenute nel canale spinale, la dura meninge e/o le radici. Dal conflitto deriva il dolore e /o il deficit nel territorio di distribuzione del metamero interessato.

Assai frequentemente l’ ernia è associata ad una pregressa degenerazione del disco, intesa sia come rimaneggiamento del suo contenuto, che come alterazione e danno delle fibre dell’ anulus.

Indagini strumentali

Alla RM si dovrebbe poter documentare la rottura delle fibre, ma allorché non è possibile, a causa di una risoluzione spaziale ancora insufficiente, la distinzione tra ernia discale e disco degenerato si basa ancora sui criteri morfologici classici della TC.

Non potendosi distinguere allo scanner l’anello fibroso dal nucleo polposo, la protusione discale anatomica e l’ernia discale hanno lo stesso aspetto, che è quello di una salienza focale. Pertanto i segni tomodensitometrici (TDM) di ernia discale saranno altri, oltre a quelli di focalità e verteranno sulla densità del materiale erniario, sul differenziale di densità tra l’ernia e il sacco durale, sul rimpiazzamento del grasso epidurale, sullo spostamento e deformazione di una radice e/o del sacco durale.

Non vi è dunque unanime interpretazione ed univoco linguaggio nella definizione anatomo/radiologica di ernia del disco, almeno per alcune forme di transizione che vengono interpretate come protusione discale localizzata o focalizzata da alcuni, o come ernie contenute da altri.*

Quando intervenire

L’ernia del disco è una patologia a prognosi generalmente favorevole. Nella maggior parte dei casi, le ernie si riassorbono del tutto o in parte e la sintomatologia regredisce o scompare con i trattamenti conservativi, entro tre mesi dall’esordio della sintomatologia. Per tale motivo è razionale non intervenire prima di tale periodo, salvo in casi particolarmente gravi e invalidanti.

L’efficacia del solo trattamento farmacologico con FANS ha significati statisticamente poco significativi; l’associazione con costicosteroidi, ove non controindicati, somministrati per via sistemica e per brevi periodi è da privilegiare, potendo risultare efficace.

Non vi è altresì ratio nel rimandare oltre un approccio invasivo, soprattutto nei casi in cui l’indicazione chirurgica è rafforzata da:

  1. Precisa correlazione tra gli elementi che definiscono il quadro clinico e quindi in presenza di certezza diagnostica.
  2. Reperti di ernie di grandi dimensioni, associati a quadri neurologicamente molto significativi. L’evidenza di una superiore efficacia degli interventi praticati entro due mesi dall’inizio della sintomatologia, è verosimilmente correlabile con la significatività del quadro clinico. (1) e (2) Viceversa l’indicazione chirurgica non è rafforzata in caso di:
  3. Ernie di dimensioni modeste o con minimi difetti dell’anulus (ernie contenute/ protusioni discali), associate a quadri neurologici scarsamente significativi, per i quali il rischio di sovradiagnosi è elevato.

Congruità dell’intervento e appropriatezza diagnostica

Un intervento è congruo quando fa seguito ad una diagnosi appropriata.
La diagnosi è il risultato del concorso di tre elementi, sintomatologia riferita dal paziente, esame obiettivo neurologico e reperti strumentali, attraverso i quali si stabilisce o meno la presenza, il livello e la sede dell’ernia.
Come si può facilmente immaginare, è decisamente confermato dagli studi epidemiologici delle casistiche chirurgiche, che i risultati favorevoli sono statisticamente proporzionali ad una diagnosi appropriata.

Incidenza chirurgica

In Italia vengono operati di ernia del disco lombare più di 30.0000 pazienti ogni anno, con indice di 50 su 100.000 persone. Le variazioni percentuali di interventi chirurgici per ernia del disco lombare nel mondo sono molto grandi, variando da 10 per 100.000 in Gran Bretagna a più di 100 per 100.000 negli USA.
Diversamente da quanto si verifica per altre procedure chirurgiche, gli esiti del trattamento nei pazienti operati dai chirurghi, nelle aree caratterizzate da tassi di intervento più bassi, sono risultati significativamente migliori, che nei pazienti delle aree con tassi elevati.
Negli Stati Uniti vi sono ampie oscillazioni tra i vari stati, mentre i tassi aumentano linearmente con il numero di neurochirurghi e ortopedici procapite.

Deficit motore

Se si esclude la sindrome della cauda equina, che rimane condizione di estrema urgenza chirurgica, la comparsa di deficit motorio progressivo a carico degli arti inferiori, è considerato da alcune linee guida sul mal di schiena come un’indicazione pressante, anche se non assoluta, all’intervento di discectomia.
L’intervento chirurgico, si impone solo a fronte di un deficit significativo e ingravescente. Di conseguenza, allorché un deficit motore discogeno, si instaura senza mostrare caratteri di ingravescenza, ma anzi mostra segni di remissione, cosa che avviene con altissima frequenza con le terapie fisiche più adatte, la scelta chirurgia è discrezionale.
Non vi è prova, ed è confermato dalla comune esperienza clinica, che vi sia differenza nell’esito di una paresi da ernia del disco, tra trattamento chirurgico e conservativo, ai controlli nel tempo.

Discectomia standard e microdiscectomia

Discectomia standard e Microdiscectomia sono le tecniche chirurgiche d’elezione.

Non sono evidenziabili differenze tra i due tipi di approccio chirurgico relativamente ad efficacia, sanguinamento, e formazione di fibrosi epidurale.
Vi sono dati discordanti su alcuni effetti indesiderati, come l’infrazione durale, in alcuni studi superiori nella microdiscectomia.
Alcune complicanze chirurgiche, come le infezioni della ferita e i danni provocati alle radici nervose, sono peraltro riportati con minor frequenza con la microdiscectomia.
E’ lecito attribuire alla discectomia standard, un relativo maggior impatto invasivo e quindi maggior responsabilità del danno di instabilità rachidea, che assieme alla neuropatia fibrotica, è certamente tra le conseguenze tardive più temibili di insuccesso chirurgico (Failed-Back Sindrome).
Visto che l’incidenza di questa invalidante sindrome algica cronica tardiva, aumenta esponenzialmente ad ogni successiva revisione chirurgica, è oltremodo raccomandabile che i pazienti ne siano informati in modo chiaro ed esaustivo.

Approccio chirurgico e conservativo a confronto

È fin troppo evidente che discectomia standard e microdiscectomia sono nell’immediato, molto più efficaci del trattamento conservativo per il controllo del dolore da ernia del disco. Tuttavia, nei controlli a distanza a 4 anni dall’intervento, tale superiore efficacia non è più così significativa e a 10 anni è perfettamente sovrapponibile, tra i gruppi a confronto di operati e non operati.

Altre tecniche microchirurgiche e mini-invasive

Discectomia Percutanea: Non esistono studi di confronto dei vantaggi di questa tecnica rispetto a discectomia standard e trattamento conservativo. I risultati sono contradditori nelle ricerche in cui si valuta l’efficacia delle tecniche percutanee rispetto alla microdiscectomia.

Discectomia con laser: Tutti i lavori di sintesi, che estrapolano e analizzano la letteratura scientifica relativa alla procedura, concordano sul fatto che, non risultano significative evidenze sulla sua efficacia.
Mancano prove adeguate sull’efficacia della discectomia con coblazione e non si segnalano indagini di adeguato livello, sulla utilità della sostituzione del disco intervertebrale con dispositivi di sintesi.

Terapia elettrotermica intradiscale o IDET e discolisi con ossigeno e ozono.
Mancano studi di qualità atti a valutare vantaggi clinici ed efficacia, sia dell’elettroterapia intradiscale(IDET) che della discolisi con ossigeno e ozono. Le evidenze sulla efficacia delle tecniche micro e mini-invasive, soffrono certamente di una oggettiva carenza di letteratura di livello adeguato. Gli approcci mini-invasivi, pur nella diversità delle procedure e dei mezzi fisici utilizzati, mirano ad ottenere un parziale svuotamento del disco e quindi a ridurne l’effetto compressivo sulla massa erniata.
Le indicazioni sono limitate alle protusioni discali e/o alle ernie contenute primitive.

Erniectomia e discectomia

Il termine discectomia è entrato nell’uso comune, da quando lo svuotamento del disco faceva costantemente seguito all’erniectomia, cioè alla rimozione dell’ernia, che altro non è che materiale di provenienza discale, ma migrato nel canale vertebrale (o speco vertebrale).
Poiché non è più così, per favorire una corretta informazione e al fine di non perpetuare nei pazienti l’idea che, erniectomia e discectomia siano la stessa cosa, sarebbe utile che il termine discectomia venisse usato in riferimento agli interventi che si limitano al solo approccio discale, mentre alla chirurgia che prevede la rimozione dell’ernia per aggressione diretta del focoalio, dovrebbe essere riservato il termine erniectomia, oppure quello di erniectomia+discectomia, allorché si effettua anche lo svuotamento discale.

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